Area di ricerca: COLLANA
x
1. | € 35,00 | EAN-13: 9788860369864 Mark Twain Autobiografia. da pubblicare cent’anni dopo la morte secondo la volontà dell’autore
Edizione: | Donzelli, 2014 | Collana: | meledonzelli | Tempi di rifornimento | Indicativamente procurabile in 6-7 giorni lavorativi | Info disponibilità | Rifornimento in corso | Prezzo di acquisto | € 35,00 | Descrizione | «Ce l’ho fatta! Non sai che divertimento ti perdi finché non ti metti a dettare la tua autobiografia… e quanto somiglia al parlato, quanto sembra reale, quanto scorre bene…e che freschezza che ha, di rugiada, brezza e legno». Così scriveva Mark Twain nel 1904 in una lettera a un amico, per comunicargli trionfante di aver trovato la formula giusta per raccontare la sua vita. Dopo trentacinque anni di false partenze e una montagna di scartafacci cestinati, ecco l’intuizione giusta: dettare le proprie memorie invece di scriverle – il «parlato» gli garantiva una fluidità del racconto incomparabile con «qualsiasi imitazione se ne possa fare con la penna». Detto fatto, nel gennaio del 1906 comincia le dettature giornaliere e tre anni dopo l’opera è compiuta, ma... c’era un ma: bisognava aspettare cent’anni dopo la sua morte. «Un libro destinato a essere pubblicato un secolo dopo dà allo scrittore una libertà altrimenti impossibile». Da se stesso al padreterno, l’ironia di Twain non risparmia nessuno e ci regala oggi l’ennesimo capolavoro.
Un corpo a corpo, durato quasi quarant’anni: questo è stato il rapporto tra Twain e la sua autobiografia. Risale infatti al 1870 la prima decisione di mettere nero su bianco la sua vita. Proposito naufragato nel giro di qualche infruttuoso tentativo. Da allora fino al 1905, quel tarlo portò Twain ad accumulare una quarantina di «false partenze» e una montagna di scartafacci, frammenti, appunti, scalette e capitoli, via via cestinati. Verità e franchezza – questi gli scogli contro cui s’infrangeva ogni tentativo, poiché «con una penna in mano, il libero fluire dei ricordi si ritrova imbrigliato, misurato, e si fa ipocrita». Finché all’alba del gennaio 1906, ecco la svolta: Twain cominciò a dettare a una stenografa quella che finirà per approvare come la sua definitiva autobiografia. Tre anni più tardi, dopo 250 dettature e oltre mezzo milione di parole, l’opera poteva dirsi compiuta,ma a una condizione: la pubblicazione sarebbe avvenuta solo cent’anni dopo la sua morte. «Scrivere un libro destinato alla pubblicazione un secolo dopo consente una libertà senza pari. Solo così puoi parlare apertamente di chiunque, senza timore di ferire i suoi sentimenti, né quelli dei figli o dei nipoti». Questo fu il mandato di Twain, e trascorso il secolo da lui preordinato, ecco che finalmente nel 2010 la University of California Press ha dato alle stampe l’unica autentica autobiografia, così come concepita dall’autore e senza le censure e i rimaneggiamenti indebitamente apportati dai curatori delle precedenti edizioni. E così il vero Twain ha sbaragliato record e classifiche di vendita negli Usa, grazie al vulcanico racconto dei suoi ricordi a briglia sciolta, in barba a ogni ordine o cronologia, e soprattutto senza remore né riguardi per chicchessia. Forte dello straordinario successo ottenuto in America – oltre 400000 copie vendute e 42 settimane in classifica –, arriva oggi ai lettori italiani il rutilante racconto della sua vita, traboccante di humour, delle sue geniali intuizioni e delle sue arguzie, espresse con tutta la franchezza di chi parla «come dalla tomba». | Aggiungi al Carrello |
|
2. | € 22,00 | EAN-13: 9788868430634 Christian Dior Christian Dior & moi. L'autobiografia di Christian Dior
Edizione: | Donzelli, 2014 | Collana: | meledonzelli | Tempi di rifornimento | Indicativamente procurabile in 6-7 giorni lavorativi | Info disponibilità | Rifornimento in corso | Prezzo di acquisto | € 22,00 | Descrizione | «Se alcuni abiti mi hanno deluso o tradito, altri mi hanno amato con la stessa fedeltà con cui li amavo io. Sono per me una vera ossessione. Sono l’inferno e insieme il paradiso, l’incanto e il tormento della mia vita».
«I miei ricordi più belli io devo ancora viverli, il mio passato è ancora molto giovane». Così scriveva Christian Dior nel 1956, nel dare alle stampe questa sua autobiografia, ora per la prima volta pubblicata in italiano. Quasi un anno dopo, però, Dior moriva all’improvviso, e quelle pagine rimasero come la storia di tutta la sua vita. A originarle era stato un bisogno che lo stilista dichiarava sin dalle prime righe: «Esistono due Christian Dior: il Christian Dior pubblico e quello privato». Ed è per dire tutta la verità sul primo Dior, sul grande sarto di avenue Montaigne, che l’altro Christian Dior ha deciso di scrivere un libro di memorie. Proprio sul filo di questa ironica trovata narrativa della doppia identità Dior dipana i ricordi di una vita che ha segnato la storia dell’alta moda del Novecento. La voce narrante è quella del sarto schivo e pignolo, nato nella brumosa Normandia e trapiantato presto a Parigi, dove, dopo aver lasciato gli studi, insegue una vaga vocazione artistica, nel clima vivace della capitale francese. Entrato quasi per caso nella maison di Lucien Lelong, fu dopo la fine della guerra, nell’ottobre del 1946, che Dior fondò la sua casa di moda. È l’inizio di una rivoluzione: in poco meno di un anno il successo lo porta ad aprire una filiale a New York in cui si concepiscono abiti espressamente studiati per il mercato americano. Non a caso New Look era il nome della linea che lo lanciò e che affermò un’idea tutta nuova di femminilità: vitino di vespa, gonna a corolla, tessuti raffinati e accessori coordinati. Dior fu infatti il primo a lanciare per ogni collezione le linee di accessori di moda: borse, guanti, foulard, profumi. Una rivoluzione di costume vista da dietro le quinte: ecco cosa rende imperdibili queste pagine. Non c’è dettaglio che sfugga all’occhio e alla penna del geniale stilista: dal lavoro creativo e manuale del sarto alle superstizioni dello stilista di successo, dai vizi e capricci delle clienti alle piccole manie e fragilità delle mannequin, dalle esigenze del mercato al perfezionismo delle sfilate nella leggendaria maison. A chiudere questa girandola di ricordi eccezionali è una sorta di dichiarata riappacificazione di Dior con se stesso: «Sento che questa mia controfigura pubblica, il Christian Dior brillante e mondano, mi è servito e mi serve. Perché è lui che tiene in piedi tutta l’impalcatura, è lui che, anche con i suoi eccessi, fa vibrare le antenne del gusto. E finché ci sarà lui a proteggermi con la sua ombra, io potrò riservare a me stesso, Christian, la parte migliore. Quella che, dall’idea all’abito, è la mia ragione di vita: il mio lavoro. E così, a quasi dieci anni dalla nascita della mia casa di moda, io, per la prima volta, accetto di identificarmi con questo fratello, quest’altro me stesso che è il frutto della celebrità e che non mi somiglia». | Aggiungi al Carrello |
|
3. | € 24,00 | EAN-13: 9788868431242 Carlo Levi Buongiorno, Oriente. Reportages dall'India e dalla Cina
Edizione: | Donzelli, 2014 | Collana: | meledonzelli | Tempi di rifornimento | Indicativamente procurabile in 6-7 giorni lavorativi | Info disponibilità | Rifornimento in corso | Prezzo di acquisto | € 24,00 | Descrizione | «I giorni sono passati, le ore del tempo, fitte e gremite come la folla innumerevole nelle strade e nelle campagne dell’India che debbo ormai abbandonare, fuggevoli e istantanee come un batter di palpebre. Che cosa è un giorno, in questi secoli che si accavallano? E che cosa è un uomo, in queste miriadi? Quello che ho visto, con le sue infinite facce brillanti e multiformi, non è che un frammento di una realtà sconfinata. Il tempo è lento come i fiumi sacri che si avvolgono su sé stessi nelle pianure. È il tempo dei contadini, che si misura a lune, stagioni, anni, raccolti, che si misura con le morti, con le nascite, e si segna sui muri di fango, fragili sotto il monsone, con le rosse mani dipinte».
A distanza di pochi anni, tra il 1957 e il 1959, Carlo Levi compì un viaggio nel subcontinente indiano e uno in Cina, come inviato per il quotidiano «La Stampa». I suoi reportages, usciti a puntate e qui raccolti in volume, appartengono a un giornalismo che non c’è più, un giornalismo non ancora saturato, e in un certo senso usurato, dall’urgenza della notizia e dall’eccesso del culto dell’immagine: un mondo in cui l’informazione viaggiava lenta e aveva il tempo di sedimentare. I resoconti di viaggio di Levi commuovono come poesie: la narrazione è parte integrante di quell’esperienza in una realtà apparentemente «altra» di cui lo scrittore si appropria per ritrovarvisi come in uno specchio. E insieme, per ritrovare in quella civiltà, lontana ed esotica, le radici profonde della nostra civiltà e della nostra storia. Reportages che sono fotografie, affreschi della società indiana e cinese, che lo scrittore torinese sa penetrare con rispetto e riserbo, e al tempo stesso con apertura e disponibilità a un nuovo che gli desta stupore e curiosità inesauribili. Trapela tutta l’esigenza del viaggiatore di divenire faticosamente e lentamente «una spugna asciutta e vuota», che può riempirsi delle acque in cui è immersa e farne poi dono agli altri che lo aspettano e che, in fondo, hanno viaggiato un po’ con lui.
Sul continuo alternarsi di quadri d’insieme coerenti e di squarci dalla possente suggestione lirica, aleggia impalpabile una sorta di presagio di ciò che verrà. Ne sortisce un libro che è un’istantanea preziosa per cogliere nel loro farsi due ormai conclamate potenze mondiali, alle prese con il loro primo impatto con la modernità. | Aggiungi al Carrello |
|
4. | € 18,00 | EAN-13: 9788860367587 Ahdaf Soueif Il Cairo. La mia città. La nostra rivoluzione
Edizione: | Donzelli, 2013 | Collana: | meledonzelli | Tempi di rifornimento | Indicativamente procurabile in 6-7 giorni lavorativi | Info disponibilità | Rifornimento in corso | Prezzo di acquisto | € 18,00 | Descrizione | «Degradata e ferita e scippata e sfruttata e derisa e presa a schiaffi: la mia città. Mi vergognavo di non salvarla. Non potevo far altro che guardare e ascoltare e restare e marciare e ribadirle il mio amore. E lei ostenta indifferenza. Cade a pezzi con spavalderia. Ogni filo di quella trama un tempo rigorosamente ordinata si allenta: il blu e il verde e il rosso e il nero e tutte le tinte e gli intrecci, tutto schizza via dal ricamo, scompigliato, aggrovigliato, annodato, plateale, irrequieto, presente».
Il 25 gennaio 2011, quando scoppia la rivoluzione in Egitto, Ahdaf Soueif, giornalista e scrittrice di fama internazionale, è colta da un unico, irrefrenabile istinto: scendere in strada per mescolarsi ai milioni di giovani che sciamano verso piazza Tahrir. Nessuno sa ancora, neppure lei, che la folla deciderà di fermarsi in quella piazza per diciotto interminabili giorni. Poco più di due settimane: il tempo di una rivoluzione tanto fulminea quanto covata per decenni. Diciotto giorni che hanno segnato la storia presente di un popolo tuttora in pieno fermento, raccontati da chi li ha vissuti in quel luogo simbolo della «primavera araba». Ahdaf Soueif ci conduce per mano tra i vicoli affollati del Cairo in rivolta; ci fa respirare quella straordinaria atmosfera, quella spinta collettiva che porta il singolo a sentirsi finalmente parte attiva di una comunità. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, l’autrice segue il succedersi dei drammatici sconvolgimenti che hanno determinato la caduta del regime di Hosni Mubarak; il racconto, tuttavia, non si traduce mai in semplice cronaca: «la storia che ho scritto non riguarda solo gli eventi oggettivi ma anche il modo in cui io, noi, li abbiamo vissuti, sentiti, interpretati. Ed è anche una storia che riguarda me, la mia famiglia e la mia città». La rivoluzione, comunque, è un processo, ha una vita propria, che si dipana indipendentemente dal modo in cui i suoi stessi artefici l’avevano immaginata. E Ahdaf Soueif non può fermarsi a quei decisivi diciotto giorni: deve andare avanti, perché la rivoluzione stessa va avanti, e conduce fino all’oggi, a un paese profondamente cambiato ma ben lontano dall’aver concluso il suo percorso verso una vera democrazia partecipativa. Le violenze, gli scontri, le proteste non si sono fermati, hanno preso una piega diversa, sono l’altro volto di una rivoluzione che sulle prime sembrava condurre altrove. «La nostra rivoluzione continua – scrive l’autrice –ma è diventata più grande, più dura, più reale, ha perduto molta della sua innocenza e, forse, ancora ne perderà». | Aggiungi al Carrello |
|
5. | € 17,00 | EAN-13: 9788860367136 Adele Cambria Istanbul. Il doppio viaggio
Edizione: | Donzelli, 2012 | Collana: | meledonzelli | Tempi di rifornimento | Indicativamente procurabile in 6-7 giorni lavorativi | Info disponibilità | Rifornimento in corso | Prezzo di acquisto | € 17,00 | Descrizione | 6 settembre 1983
«Le cupole galleggiano leggere, ampie, d’un grigio inaspettato che sfuma nel celeste costellando il profilo della città come una flotta di astronavi planate sul Bosforo…»
12 settembre 2011
«Oggi le moschee sono circa 3000,ma oggi c’è internet e si possono contare … Sono tornata qui perché non l’avevo mai dimenticata, Istanbul».
La scoperta fortuita, nel caos del suo archivio personale, di un diario di viaggio scritto quasi trent’anni prima: è questa la molla – un misto di desiderio e rimorso – che spinge Adele Cambria a chiedersi perché avesse lasciato passare tanto tempo «senza Istanbul». Da qui l’urgenza di partire di nuovo, dopo quel lontano settembre 1983… È dunque un doppio viaggio quello che l’autrice compie in queste pagine, con uno sguardo all’indietro sulla Istanbul di allora e gli occhi puntati sulla Istanbul dei giorni nostri. Questa volta, oltre all’inseparabile taccuino, Adele Cambria si fa accompagnare da tre scrittori, o meglio «descrittori»: Edmondo De Amicis, Pierre Loti e Orhan Pamuk. Se De Amicis è un magnifico cronista, e non si può partire per Istanbul senza portarselo in tasca, allo stesso modo non si possono non leggere le pagine di Loti, che fece della Turchia la sua seconda patria, assimilandone i comportamenti, indossandone gli abiti, e, infine, nutrendo un grande amore impossibile per una giovinetta circassa. E poi Pamuk, con il suo sguardo «alla rovescia», il suo conflitto irrisolto con la storia
del proprio paese e la sua diffidenza nei confronti dei viaggiatori occidentali, eccetto De Amicis… Ne sortisce un diario all’insegna della migliore «letteratura di viaggio», che oggi, assediata dal turismo di massa, tenta di difendersi e di recuperare il piacere e la verità dello sguardo. E nessuna città come Istanbul, questa meravigliosa signora dei tre mari, si offre alla sapienza di uno sguardo a occhio nudo e della scrittura che può scaturirne. Con l’esperienza di una giornalista di lungo corso, Adele Cambria ci conduce alla scoperta della Istanbul che ogni lettore o viaggiatore ha sete di scoprire, e al contempo ci apre squarci illuminanti sulla cocente attualità politica e culturale di una città che più di altre sperimenta dentro di sé le lacerazioni e i conflitti del nostro presente – quelli tra plurime etnie, tra opposte ideologie, tra modernità e memoria. | Aggiungi al Carrello |
|
6. | € 20,00 | EAN-13: 9788860366955 Bella Chagall Come fiamma che brucia. Io, la mia vita e Marc Chagall
Edizione: | Donzelli, 2012 | Collana: | meledonzelli | Tempi di rifornimento | Indicativamente procurabile in 6-7 giorni lavorativi | Info disponibilità | Rifornimento in corso | Prezzo di acquisto | € 20,00 | Descrizione | «Non muoverti, resta dove sei…».Non riesco a stare ferma. Ti sei gettato sulla tela che vibra sotto la tua mano. Intingi i pennelli. Il rosso, il blu, il bianco, il nero schizzano. Mi trascini nei fiotti di colore. Di colpo mi stacchi da terra, mentre tu prendi lo slancio con un piede, come se ti sentissi troppo stretto in questa piccola stanza. Ti innalzi, ti stiri, voli fino al soffitto. La tua testa si rovescia all’indietro e fai girare la mia. Mi sfiori l’orecchio e mormori…
«Mio Dio, è così difficile estrarre dai ricordi inariditi un frammento di vita! E come lo si può fare se questi scarni ricordi si estinguono e finiscono con me? Vorrei salvarli. E mi sono ricordata che tu, amico mio devoto, spesso mi chiedevi di raccontarti la mia vita, del tempo in cui ancora non mi conoscevi». Con queste parole rivolte al marito Marc, Bella comincia ad affidare alla penna i suoi ricordi nel 1939, di ritorno da un viaggio in Polonia dove a colpirla era stato il montare dell’antisemitismo, che lei credeva spazzato via dalla rivoluzione del 1917. Era nata nel 1895, da una famiglia ebrea, la più giovane di sette fratelli, ed era stata l’unica a frequentare una scuola pubblica, anziché ebraica. Studentessa brillante, si era guadagnata una medaglia d’oro che le aveva aperto le porte dell’Università di Mosca – cosa di norma vietata ai figli degli ebrei. Presa la laurea in letteratura, era tornata a Vitebsk, per lavorare con successo in teatro fino al 1915 quando, sposato Marc, si era trasferita con lui a Parigi. Anche Marc era nato a Vitebsk, e lì si erano conosciuti nel 1909. Quel loro primo incontro e l’inizio del grande amore sono tra i ricordi più toccanti raccontati da Bella in queste pagine. «Per anni il suo amore ha influenzato la mia pittura», dice Marc nella postfazione al libro, da lui pubblicato tre anni dopo la morte di lei, corredandolo con 68 disegni, rimasti tra i suoi più celebri di sempre, per rendere ragione al suo talento di scrittrice, forse col rammarico di averlo oscurato con la sua fama di pittore. «Bella scriveva come viveva, come amava, come accoglieva gli amici. Le sue parole, le sue frasi sono una patina di colore sulla tela… Le cose comuni, le persone, i paesaggi, le feste ebraiche, i fiori – questo era il suo mondo, questi erano i suoi soggetti». Un intimismo struggente, una scrittura che si fa emozione pura, il racconto di un’infanzia e di una giovinezza imbevute di un piccolo mondo scandito da ricorrenze e retaggi di un tempo lontano, come di fiaba… «Poi a un tratto – scrive Marc – un rombo di tuono, le nuvole si aprirono alle sei di sera del 2 settembre 1944, quando Bella lasciò questo mondo. Tutto è divenuto tenebre». | Aggiungi al Carrello |
|
7. | € 18,00 | EAN-13: 9788860367280 Diana Vreeland D.V. La leggendaria direttrice di «Vogue» racconta se stessa
Edizione: | Donzelli, 2012 | Collana: | meledonzelli | Tempi di rifornimento | Indicativamente procurabile in 6-7 giorni lavorativi | Info disponibilità | Rifornimento in corso | Prezzo di acquisto | € 18,00 | Descrizione | «Ho occhio per il colore: forse è il dono più eccezionale che possiedo. Il colore dipende totalmente dalla tonalità. Il verde, ad esempio, può essere quello del metrò, però se ottieni il verde giusto… Il rosso è il grande chiarificatore: brillante, purificatore e rivelatore. Non potrei mai stancarmi del rosso…sarebbe come stancarsi della persona che ami. Per tutta la vita ho inseguito il rosso perfetto». Questo è lo stile inconfondibile di Diana Vreeland. Uno stile che ha lasciato il segno nella storia della moda. Personalità carismatica, eccessiva e indiscutibilmente
geniale, Diana Vreeland racconta in queste pagine, con straordinaria verve e bruciante ironia, la sua incredibile vicenda umana e professionale, tra Parigi, Londra e New York. Diana ha sempre reinventato se stessa, e lo fa anche nella sua autobiografia, arditamente in bilico tra realtà e finzione. Dalle sontuose dimore londinesi alla Parigi degli anni trenta, dal jet-set newyorchese alle ribalte più esclusive del mondo, si susseguono gustosi aneddoti e incredibili situazioni condivise con la sua eclettica cerchia di amici, fatta di artisti e principi, star del cinema e icone pop: da Coco Chanel a Jack Nicholson, da Andy Warhol a Joséphine Baker.
Dalla boutique di lingerie di cui era proprietaria, grazie al suo gusto innato per gli abiti e le stoffe, Diana si ritrova a pieno titolo nella redazione di «Harper’s Bazaar»: la direttrice, Carmel Snow, incantata dall’abito bianco con un tocco di rosso che Diana indossa una sera, le fa una
proposta che non può rifiutare. E sarà un esordio folgorante: la rubrica Why Don’t You?, da lei stessa ideata nel 1936, riscuote un successo immediato. Ai lettori Diana dispensa sapientemente consigli pratici insieme a idee del tutto strambe, in un mélange originalissimo di estro e ingegno. Nel 1962, dopo quasi ventisei anni nella redazione di «Harper’s Bazaar», Diana Vreeland passa saldamente al timone di «Vogue», dove riesce a dare libero spazio alla sua inesauribile creatività e a dettare lo stile di un’intera epoca. Lo farà fino al 1971, quando la rivista decide di voltare pagina. Per Diana non è che un nuovo inizio: nel 1972, infatti, prende il via la sua collaborazione come consulente per il Costume Institute del Metropolitan Museum
of Art, per il quale curerà mostre indimenticabili. Da allora fino alla sua scomparsa, nel 1989, è stata la regina incontrastata dell’alta moda mondiale, e la sua vita è diventata leggenda. | Aggiungi al Carrello |
|
8. | € 17,00 | EAN-13: 9788860367518 Edward STREETER Il padre della sposa
Edizione: | Donzelli, 2012 | Collana: | meledonzelli | Tempi di rifornimento | Indicativamente procurabile in 6-7 giorni lavorativi | Info disponibilità | Rifornimento in corso | Prezzo di acquisto | € 17,00 | Descrizione | Povero Mr. Banks! Non ha ancora fatto in tempo a capire che la sua amata Kay è in età da marito, che si ritrova per casa il promesso sposo. Ma che tipo sarà mai? Da dove viene? E soprattutto, sarà all’altezza della sua Kay? Una temperie di sentimenti sconquassa il suo animo – orgoglio, gelosie, timori, nostalgie – quand’ecco che l’inesorabile turbine dei preparativi della cerimonia si abbatte impietoso sulla sua tranquilla routine. A tappe forzate, Mr. Banks si vedrà trascinato dall’entusiastica moglie nella trafila del tipico matrimonio medio-borghese – la conoscenza dei consuoceri, le liste d’invitati da sforbiciare, le partecipazioni da mandare, i conti da saldare, il diluvio dei regali
per casa, e poi l’abito della sposa, le prove in chiesa…
Un vero incubo, a cui Mr. Banks proverà fino all’ultimo a sottrarsi ricorrendo a un disperato sotterfugio: alla vigilia delle nozze, offre di nascosto ai promessi sposi 1500 dollari purché scappino e vadano a sposarsi da soli e lontano da casa. Niente da fare, neppure così riuscirà a sfuggire alle peripezie che lo attendono in quanto padre della sposa. Un romanzo esilarante che dosa sapientemente ironia e tenerezza, e mette argutamente a nudo i tic e le manie della tipica famiglia media americana (e non solo) alle prese con un rito senza tempo né confini. Ecco perché, tra il 1949 e il 1950, Il padre della sposa divenne per ben due volte un caso: dapprima letterario, scalando in poche settimane la classifica dei best seller, e subito dopo ai botteghini del cinema, grazie a Vincente Minnelli che ne fece una delle sue più brillanti commedie, affidandosi all’interpretazione di uno Spencer Tracy da Oscar e di una giovanissima Liz Taylor. Come se non bastasse, il celebre papà continuò a flirtare col grande schermo, prendendo i panni di Steve Martin nel popolarissimo remake del 1991. Motivo in più per riscoprirlo oggi, intatto nel suo smalto e nella sua verve e arricchito da un imperdibile contrappunto: le illustrazioni di Gluyas Williams, uno dei maggiori talenti del «New Yorker», che
firmò la prima edizione del romanzo di Streeter contribuendo al suo clamoroso successo. | Aggiungi al Carrello |
|